giovedì 8 agosto 2019

Un film sulla fine del tempo

La scena di partenza è molto minimalista. Notturna, direi.
Vediamo un orologio da polso, appoggiato su un tavolino in penombra.
Tutto il resto è secondario.
La frase invece è questa:
“Gli ingranaggi ruotano discreti nel quarzo.”
Poi silenzio.
In effetti non è che ci capiamo molto,
quindi nel silenzio aspettiamo una nuova frase, che arriva.
“La meccanica novecentesca delle lancette mi guarda.
Fredda.
Giudicante.
Implacabile.”

Bene. Si parla del tempo e degli errori. O almeno, questo ci sembra di capire.
Comunque, ad ascoltare bene il silenzio, molto leggero lo sentiamo il ticchettio.
Eh sì, lo sentiamo.
Freddo.
Giudicante.
Implacabile.
Gireremmo anche lo sguardo altrove, magari dietro di noi c’è una finestra con vista sulla notte.
Potrebbe essere suggestivo.
Ma niente, chi sta scrivendo questa storia non ce lo permette.
Rimaniamo a fissare l’orologio da polso in penombra.
E aspettiamo che arrivi qualche altra frase.
Che arriva.
Ma stavolta è più energica, veloce, ansimante.
“Bruciano i ghiacci e la Siberia e i cassonetti e l’Alaska e la dignità e tutto l’artico. E contro ogni logica dal fuoco l’acqua, il fuoco e il caldo e il ghiaccio che fugge, tanta acqua, troppa acqua.”
Oh, stop, stop, vorremmo mettere in pausa, che c’entra adesso questo. È tutto così minimalista e in penombra che queste parole ci spiazzano. Ma siamo gli unici a sobbalzare perché tutto intorno è quieto e immobile. Solo le lancette dei secondi si muovono. Vorremmo dire qualcosa ma la storia non l’abbiamo scritta noi e chi lo ha fatto non ci permette di parlare. Lo fa invece, nuovamente, la voce.
“Altra acqua, nuova acqua, bagnata, salata, sudata, che copre terre e annega vite. Vite di gente in fuga che annega. Gente che annega ma non ci riguarda, gente che fugge ma non ci ricorda, che muore e che brucia. E contro ogni logica dall’acqua il fuoco. Fuoco dalla benzina delle navi, fuoco dalle urla di dolore, fuoco dall’inferno.”
Poi silenzio.
Da lontano il ticchettio delle lancette. Noi lo sguardo non lo proviamo nemmeno più a voltare.
Tic.
Tac.
Tic. Tac.
Tic Tac Tic Tac.
La meccanica novecentesca è implacabile. Precisa. Fredda.
Dissolvenza a nero.
Fine.



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