Ecco il mio nuovo lavoro. Un ibrido tra fotografia e poesia per cercare di fermare qualche emozione e qualche idea. Un'opera piccola, minima. Quasi niente, insomma.
Lo potete leggere su Yumpu a questo link.
Ecco il mio nuovo lavoro. Un ibrido tra fotografia e poesia per cercare di fermare qualche emozione e qualche idea. Un'opera piccola, minima. Quasi niente, insomma.
Lo potete leggere su Yumpu a questo link.
Ok, facciamlo st'esperimento. Apro un canale telegram, dedicato grossomodo al processo creativo L'idea è quella di pubblicarci frammenti, appunti, schizzi, scarabocchi e in genere tutto quello da cui si parte per realizzare un'opera compiuta. Più o meno come un block-notes insieme ad una matita. E poi ovviamente ci pubblicherei anche l'opera compiuta. È un esperimento. Già so che non sarò costante ma l'obiettivo è proprio quello: usarlo solo quando c'è qualcosa da dire e non scriverci a prescindere.
Il primo esperimento sul fondere poesia e fotografia risale a più di un anno fa. Oggi ci riprovo, con qualche poesia in meno e qualche foto in più.
Il risultato è questo pdf di una decina di pagine dal titolo [inverno].
Lo potete leggere su ISSUU a questo link.
E su Yumpu a questo link.
(se invece volete scaricarlo lo potete prendere qui)
Dentro c'è il bianco e nero, il mare, un po' di emotività a brandelli e la mia passione per lo spazio e gli orologi.
La città oramai
è un luogo in cui le pozzanghere
possono stagnare
senza riflettere nessuno
se non lampioni e
qualche timida persona affacciata
dietro finestre chiuse
La città oramai
È sospetto e saracinesche sprangate
E corrieri e furgoni
E sguardi torvi
E nemmeno un sax o una tromba
Che facciano atmosfera
La città oramai
È sentieri solitari d’asfalto
Con telegiornali ovattati sullo sfondo
Che cercano una via di fuga
Dai monitor e dalle pareti
È serrature girate a più mandate
è odio per corrispondenza
È Signora lascio il pacco
Sopra il tavolino vicino l’ingresso
La città oramai
È solo l’essenziale
mentre io da incosciente
adoro il superfluo
Perché da il senso
Di quello che siamo realmente
E realmente i semafori continuano
A lampeggiare giallo
Lampeggiare giallo
Lampeggiare giallo
La città oramai
È fermate degli autobus senza panchine
E persone...
E poche persone con il collo del cappotto rialzato
E cuffie bluetooth
Ma con il laccetto che altrimenti si perdono
E poi ci sono le persone che si perdono
Ascoltando musica che arriva dritta al cuore
Sensazioni violente che non si fermano
E nemmeno l’autobus si ferma
Perché è pieno
E sta iniziando a piovere
La città oramai
Ha intorno fabbriche e magazzini
E fumi che volano liberi
E macchinari accesi con furia futurista
E camion che fanno manovra
E lune opaca
E container pieni
E biblioteche vuote
Con dentro silenzio e carta
Anche se qualcuno ancora
sente ridere tra loro
Ferlinghetti e Fante
La città oramai
È poco calpestata
E da poche persone
Tubature rotte e birre dentro al frigo
Come in un western
Il vento alza mascherine e spazzatura
Dietro quel velo chirurgico
Come saranno le labbra
Che muovendosi
Ti malediranno?
La città oramai
Non ha jazz loft
Nè parchi giochi
E i suoi bambini sono messi in standby
Come un televisore spento
Ma con la luce rossa
Mentre i sogni stanno traboccando
Da cassetti troppo pieni
Restano però le finestre
E le rubriche del telefono
E qualche sguardo imbarazzato
La città oramai
È ancora palazzi e cavi dell’antenna
E portoni e tralicci e parcheggi
E strisce pedonali e cassonetti
E tombini e cartelloni pubblicitari
Ma la città ormai
È solo palazzi e cavi dell’antenna
E portoni e tralicci e parcheggi
E strisce pedonali e cassonetti
E tombini e cartelloni pubblicitari
14.10.2020
[Ho scritto questa cosa, un flusso di immagini che si muove a ritmo di jazz. Un ritratto fraudolento di come si sta trasformando la città. L'ho scritta su carta ma andrebbe letta. E quindi senza il minimo senso della vergogna l'ho letta, come in un reading degli anni 50. Senza il fumo che circonda la stanza però perché per mia fortuna ho smesso di fumare già da un po'.]