Il mio primo racconto lo scrissi nel
1992, all'età di dodici anni. Era una scimmiottatura di Ventimila
leghe sotto i mari, ma non è di questo che voglio parlare. La cosa
che ricordo con maggiore affetto di quel racconto è la macchina da
scrivere che ho usato. Era stata acquistata da mio nonno in Svizzera
negli anni 60 e poi regalata a mio padre, il quale non la utilizzava
quasi mai se non per scrivere lettere formali dall'impaginazione
impeccabile. Quando mi concessero di poterla usare ero emozionato e
intimorito. La bic blu sul foglio a quadretti era una cosa da
pivelli, noi grandi autori avevamo la macchina da scrivere, mi
dicevo. Quando cominciai a picchiettare i tasti e le asticelle
metalliche iniziarono a battere con forza sul foglio arrotolato
scattò qualcosa. Una sorta di sensazione di onnipotenza. Dalla mia
fantasia le parole si facevano inchiostro e si presentavano con
un'eleganza molto più matura di me.
L'imprinting di quell'esperienza me la
porto dietro ancora oggi, pigiando inutilmente con forza la tastiera
del computer. Ma non è solo questo. Da allora non ho più smesso di
scrivere, ho buttato giù decine di racconti, centinaia di poesie e
addirittura tre film, di cui uno l'ho anche girato. E ogni volta che
mi metto a scrivere qualcosa torna ad allora. A quella macchina da
scrivere, a quei martelletti che trasferivano l'inchiostro da un
nastro al foglio, a tutte le sue sbavature e a quell'emozione provata
la prima volta. Non stupitevi quindi che in gran parte dei miei
lavori, in un modo o nell'altro, compaia una macchina da scrivere.
Avevo fatto un booktrailer per
pubblicizzare il mio libro su Amazon. Il libro finora non è che sia
stato considerato più di tanto, in compenso ho ricevuto una
commissione per realizzare il booktrailer di un altro autore.
Il romanzo in questione è Il mare
traverso di Antonio Rolli e, per fare il lavoro, ho avuto
l'opportunità di leggerlo in anteprima. E ne sono rimasto colpito.
Vuoi perché uno dei temi affrontati mi è particolarmente a cuore,
quello dei profughi che disperati affrontano il mediterraneo alla
ricerca di una vita dignitosa, e vuoi perché il racconto è lieve e
poetico, anzi il termine più adatto è “musicale”.
Quindi, con ancora addosso le emozioni
del libro, sono andato a cercare alcune delle immagini marine che
girai anni fa e che erano rimaste nel cassetto. Le ho riviste, le ho
rivissute e le ho rimodellate con questo nuovo stato d'animo. Le ho
poi condite con altre immagini e ho sporcato tutto come la ruggine
che si piazza sul metallo marino o come l'acqua e il sale che si
spandono sui fogli.
Ne è venuta una suggestione. Piccola,
incompleta, parziale. Ma spero riesca a rendere l'idea.
C'è un verso di una poesia di Allen Ginsberg che recita più o meno così:
"E se scoppiasse una guerra e non si presentasse nessuno?". Sbam!
Una frase semplice con un'idea quasi infantile che mi colpì fin
dalla prima volta che la lessi, sul finire degli anni 90. E chissà se
nei meandri reconditi della mia mente questa frase si è accampata.
Perché anche senza volerlo questa frase è uno dei riferimenti che hanno
contribuito alla scrittura de Il Jazz dell'Artico. Se lo si spoglia
dai tanti vestiti che gli ho messo questo racconto in fondo è una
bizzarra e grottesca favola contro la guerra. L'avversione alla guerra
prima ancora che una convinzione è uno stato mentale e si può
manifestare nelle forme più curiose, spiazzanti e inaspettate. Non è
necessario essere un eroe per mettersi di traverso a questa violenza
assurda. Si può essere anche antipatici, egoisti, imbranati e vigliacchi
come il protagonista di questo racconto. Del resto lo aveva scritto
pure Ginsberg, a volte basta poco anche per questioni enormi, come ad
esempio non presentarsi ad una guerra.
Circa un anno fa ho scritto questo racconto. Era nato come
un'improvvisazione jazz poi, pian piano, ci sono finito dentro e ne sono
uscito che era bello che finito. Però come tutte le cose scritte di
getto meritava un periodo di riposo prima di finire in pubblica piazza.
Quindi è finito dritto in "Documenti e file di dubbia utilità a cui non
si trova altra sistemazione che non sia una cartella sul desktop".
Stacco. Arriviamo alla settimana scorsa. Non chiedetemi perché ma ho
deciso di riaprire il file e l'ho riletto. Beh, che devo dirvi, mi sono
proprio divertito. Ma come cazzo m'è venuta in mente una storia del
genere? A questa domanda ovviamente non mi sono dato risposta in
compenso ho deciso che ha riposato abbastanza. Per quanto mi riguarda
"Il jazz dell'Artico" può uscire dal cassetto. Insomma tutta sta
premessa è per dire che il racconto l'ho pubblicato. Probabilmente non
frega niente a nessuno, fatto sta che è disponibile su Amazon in formato
e-book a € 0,99.