martedì 18 ottobre 2016

E se scoppiasse una guerra e non si presentasse nessuno?

C'è un verso di una poesia di Allen Ginsberg che recita più o meno così: "E se scoppiasse una guerra e non si presentasse nessuno?".
Sbam! Una frase semplice con un'idea quasi infantile che mi colpì fin dalla prima volta che la lessi, sul finire degli anni 90. E chissà se nei meandri reconditi della mia mente questa frase si è accampata. Perché anche senza volerlo questa frase è uno dei riferimenti che hanno contribuito alla scrittura de Il Jazz dell'Artico.
Se lo si spoglia dai tanti vestiti che gli ho messo questo racconto in fondo è una bizzarra e grottesca favola contro la guerra. L'avversione alla guerra prima ancora che una convinzione è uno stato mentale e si può manifestare nelle forme più curiose, spiazzanti e inaspettate. Non è necessario essere un eroe per mettersi di traverso a questa violenza assurda. Si può essere anche antipatici, egoisti, imbranati e vigliacchi come il protagonista di questo racconto. Del resto lo aveva scritto pure Ginsberg, a volte basta poco anche per questioni enormi, come ad esempio non presentarsi ad una guerra.



Il racconto è disponibile su Amazon Kindle a questo link  https://www.amazon.it/dp/B01M61YJ4X

martedì 11 ottobre 2016

Il jazz dell'Artico

Circa un anno fa ho scritto questo racconto. Era nato come un'improvvisazione jazz poi, pian piano, ci sono finito dentro e ne sono uscito che era bello che finito. Però come tutte le cose scritte di getto meritava un periodo di riposo prima di finire in pubblica piazza. Quindi è finito dritto in "Documenti e file di dubbia utilità a cui non si trova altra sistemazione che non sia una cartella sul desktop". Stacco. Arriviamo alla settimana scorsa. Non chiedetemi perché ma ho deciso di riaprire il file e l'ho riletto. Beh, che devo dirvi, mi sono proprio divertito. Ma come cazzo m'è venuta in mente una storia del genere? A questa domanda ovviamente non mi sono dato risposta in compenso ho deciso che ha riposato abbastanza. Per quanto mi riguarda "Il jazz dell'Artico" può uscire dal cassetto. Insomma tutta sta premessa è per dire che il racconto l'ho pubblicato. Probabilmente non frega niente a nessuno, fatto sta che è disponibile su Amazon in formato e-book a € 0,99.


martedì 20 settembre 2016

Ante Meridiem

Gioco con l'attesa e la lontananza, tenendole tra le mani. Le rimpallo da una mano all'altra, stando affacciato da una finestra, al buio. Da qualche parte sono in atto grandi cambiamenti. Qualcosa di simile ad una luce verde che macchia la notte. È l'1:00 A.M. Se mi girassi lo vedrei scritto nitidamente sul display dell'orologio poggiato sulla libreria, l'unica cosa accesa in tutta casa. Ma non ne ho bisogno, lo so. Non so spiegare il perché. Ma non ho bisogno di girarmi. Sarà un effetto di questi grandi cambiamenti. Di questo qualcosa di molto simile ad una luce verde che macchia la notte.


giovedì 11 agosto 2016

Cinque Scatti

Lumix Tz-70, Abruzzo, Agosto 2016

numerouno



numerodue



numerotre



numeroquattro



numerocinque


domenica 31 luglio 2016

Appunti visivi: Il quarto d'ora del purgatorio

[racconti e appunti ispirati da fotografie]

Il quarto d'ora del purgatorio.

Ogni volta che si svegliava e apriva le palpebre era sempre la stessa storia. Il mondo esterno era bianco. Tutto era bianco. Passava dal nero, neppure troppo scuro, degli occhi chiusi al bianco, questo sì davvero troppo chiaro, del resto del mondo. Il bianco del mondo esterno, infinito e spietato, aveva una sua durata però e dipendeva dal tempo che i suoi occhi ci mettevano ad abituarsi alla vista. La durata di questo limbo non era infinita ma comunque lunga. E in quei minuti il candore pallido della realtà era universale.
Sulle cause il medico era stato chiaro: erano stati i mesi passati in Groenlandia per quel suo lavoro di ricerca. Mesi di esposizione ad una luce forte e ininterrotta senza le dovute protezioni. Il bianco gli era entrato nella retina e faceva fatica ad andarsene.
Dopo alcuni minuti il biancore universale però cominciava a cedere e timidamente piccoli dettagli cominciavano a prendere forma. All'inizio erano semplici linee, schizzi distratti in un foglio vuoto. Poi queste linee si facevano più numeroso e si abbozzavano delle forme. Ciò avveniva al centro del campo visivo, mentre intorno il bianco continuava a farla da padrone.
Avendo un buon udito spesso i suoni circostanti gli davano dei segnali importanti per interpretare quegli abbozzi di forma, ma quel senso di incertezza non lo abbandonava finché le linee non diventavano più consistenti.
Comunque ormai si era abituato, dal momento in cui si svegliava a quando poteva dirsi lucido e operativo dovevano passare almeno quindici minuti. Lui lo chiamava il quarto d'ora del purgatorio.



La foto, che ho scattato il 19 maggio 2016 e che ha ispirato questo incipit di racconto, è la seguente: