lunedì 25 giugno 2018

Autobus (1998)


Sul finire degli anni novanta, come molti tardo-adolescenti, scrivevo molto. Perlopiù poesie e piccoli racconti. Era un modo come un altro per cercare di dare forma all’emotività e alla confusione tipica di quell’età. Uno dei tanti scritti di quel periodo però ha avuto una storia particolare.
Il mini racconto in questione si intitolava Autobus e metteva insieme in ordine sparso una serie di sensazioni mentre il protagonista era seduto sul sedile di un autobus extraurbano e guardava fuori dal finestrino.
L’ho scritto probabilmente mentre ero seduto su un autobus extraurbano e guardavo fuori dal finestrino (incredibile, no?) e poi, come la maggior parte delle cose che scrivevo, è finito accatastato in mezzo a decine di fogli e quaderni.
Tempo dopo, non ricordo perché, mi capitò tra le mani questa strana scatoletta: lo YAMAHA QY20. Quest’ibrido a cavallo tra l’era precomputer e l’era del computer era un Music Sequencer Rhythm Machine, con il quale si poteva comporre musica o quantomeno combinare una serie di suoni campionati.


Foto del mio originale Yamaha QY20 riesumato da una scatolone del soffitto dei miei

Non essendo un musicista sarebbe stato molto saggio rivendere questo curioso oggetto a chi ne avrebbe saputo fare qualcosa di buono, ma all’epoca non brillavo in saggezza, anzi ero nella fase dell’incosciente sperimentazione artistica a tutti i livelli.
A dirla tutta non ricordo minimamente come ho fatto, sono passati 20 anni del resto, comunque quello che ricordo è che decisi di studiarne per sommi capi il funzionamento e che mi dedicai alla composizione di una base musicale da utilizzare per un reading recitato di alcune mie poesie.
La scelta del testo che avrebbe fatto da cavia è caduta su Autobus e quindi, partendo da quello scritto, ne è nata questa cosa difficilmente definibile un po' reading, un po' canzone, un po' opera psichedelica.
Purtroppo non è stata l’unica cosa che ho fatto con questa bizzarra scatola, ma questa è stata la più strana e la più incosciente per cui la ricordo con piacere.
Ah, inutile ribadire che erano ancora gli anni ‘90, anche se stavano finendo, e questa registrazione non poteva che avvenire su audiocassetta. A risentirlo oggi devo dire che la cosa più bella è quel romantico fruscio del nastro magnetico consumato.


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